Lo scorso settembre è stato un mese assolato e perlopiù tranquillo visto l’allentarsi della morsa in cui ci teneva la quarantena. Se da una parte c’era chi piano piano usciva dalla sua tana come un animale dopo il letargo, dall’altra troviamo chi prima del letargo non era riuscito a fare abbastanza scorte e a settembre si è trovato alquanto deperito. Questo non è il caso dei singoli cittadini italiani - che come abbiamo potuto vedere di scorte ne hanno fatte eccome - ma delle piccole e medie imprese.
Tra tutte le imprese, la recente indagine “Global State of Small Business Report” condotta da Facebook in collaborazione con l’OCSE e la Banca Mondiale ci mostra quali sono state maggiormente colpite.
Le 5 ondate dell’indagine
L’indagine è stata divisa in cinque “waves” e ognuna di queste si basa sul “Future of Business Survey”. Il survey è stato proposto a piccole e medie imprese di tutto il mondo durante un periodo di sei mesi nel contesto della pandemia.
L’idea dell’indagine era quella, in primo luogo, di fare luce sull’esperienza delle piccole e medie imprese con il COVID-19 misurando l’impatto che esso ha avuto sulle vendite, gli incassi, il tasso di impiego e in secondo luogo di capire i bisogni e le sfide di queste imprese.
La prima wave dell’indagine ha avuto luogo nel periodo tra il 28 e il 31 maggio 2020, ha incluso 30.000 persone ed è stata estesa in più di 50 stati. Il risultato di questa prima ondata ha permesso di identificare i primi effetti che la pandemia ha avuto sulle imprese: riduzione delle vendite e delle assunzioni e chiusura di alcune attività.
La seconda ondata del periodo 24-30 giugno 2020, uguale alla prima in termini di reach (e identiche saranno anche le prossime), ha dimostrato come l’economia globale abbia cominciato a riprendersi dagli effetti della pandemia, continuando però a sentire gli effetti sulle vendite e le assunzioni.
La terza ondata del 24-30 luglio 2020 ha visto la graduale ripresa del lavoro in presenza, senza però vedere un completo recupero nei servizi e nella produzione.
La penultima ondata, avvenuta tra il 24 e il 31 agosto 2020, ha rispecchiato una sempre più comune incertezza alimentata dal costante aumento dei casi di COVID-19. L’incertezza si è tradotta in un rallentamento delle imprese che si sono viste di nuovo impaurite di fronte ad un altro lockdown.
La quinta ed ultima wave, tra il 23 settembre il 1 ottobre 2020, ha confermato l’incertezza della quarta wave e ha sottolineato il peggioramento delle condizioni economiche delle piccole e medie imprese che ancora una volta si trovano a fare i conti con una domanda ridotta e poche vendite.
Facebook, il benefattore
Tra chi ha condotto l’indagine troviamo l’OSCE (L'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) e la Banca Mondiale. La prima è una organizzazione regionale per la promozione della pace, del dialogo politico, della giustizia e della cooperazione in Europa, la seconda comprende due istituzioni internazionali: la Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BIRS) e l'Agenzia Internazionale per lo Sviluppo (AIS o IDA), che si sono prefisse l'obiettivo di lottare contro la povertà e organizzare aiuti e finanziamenti agli stati in difficoltà.
Con questa indagine Facebook si affianca a questi due giganti e si mette a disposizione delle piccole e medie imprese. È infatti dell’azienda da cui il famoso social network prende il nome, alla luce dei risultati del “Global State of Small Business Report”, che è partito un programma di sovvenzioni del valore di 2 milioni di euro rivolto a circa 580 piccole imprese con sede a Milano, Roma e zone limitrofe, dove la società californiana ha alcuni uffici.
Il sostegno deriva da una combinazione di contributi economici e crediti pubblicitari per aiutare le piccole imprese colpite dal coronavirus a riavviare, ristrutturare e risanare la propria attività.
"Il programma di sovvenzioni per le PMI vuole aiutare concretamente le imprese, rendendo disponibili sovvenzioni per le spese essenziali - come tenere le luci accese e aiutarle a pagare i dipendenti - e fornire crediti pubblicitari per generare fatturato attraverso il marketing e le vendite online"
spiega Facebook.
Che fare dei soldi?
Facebook con questa iniziativa ha mostrato la propria generosità, ma sebbene non si possa discutere dell’aiuto che questi fondi daranno alle imprese, ci si può sbilanciare su quello che Facebook si aspetta.
Nel programma di sovvenzioni non c’è nessuna clausola per la quale le imprese debbano seguire le indicazioni del colosso americano, ma un contributo del genere non deve certo andare sprecato e se è Facebook a controllare il proprio operato, sarebbe meglio guardare alla storia dell’azienda americana e pensare di investire questi soldi nella digital transformation.
Per trasformazione digitale non si intende la trasformazione di tutti i dipendenti in automi, ma un attento piano strutturato e costruito per permettere alle aziende di adattare la propria natura alle sfide del futuro. Trasformazione digitale quindi si traduce nell’implementazione di soluzioni tecnologiche per aumentare la produttività, l’organizzazione, migliorare i servizi e abbattere i costi.
Questo processo per la maggior parte delle aziende ha già visto un avvio e implica lo sviluppo di nuovi settori come quello della Data Analysis e dell’intelligenza artificiale.
Sebbene rappresenti una scelta che le imprese possono decidere se prendere o meno è innegabile che, considerando un futuro in cui situazioni di incertezza come quella derivata dal COVID-19 possono solo che ripetersi, il muoversi verso la digitalizzazione rappresenterebbe un modo di prepararsi e fare provviste in abbondanza per un prossimo inverno.
Articolo di Angelo Rosace
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